mercoledì 20 luglio 2022

Il fascino dei tarocchi

 


La sottocultura Goth abbraccia un così ampio spettro di personalità eclettiche che è ben difficile riuscire a fare un resoconto esauriente di tutte le sue incredibili sfacettature.In più i Goth hanno gusti differenti tra loro ed è quasi impossibile poterli descrivere tutti. Tra di loro ci sono chi, come me, è appassionato di tarocchi e carte da divinazione e ne possiede una discreta collezione. C'è chi va a caccia di vecchi mazzi magari appartenuti a personaggi particolari oppure provenienti da determinate epoche e chi li colleziona per la loro estetica. 

Ma quando nasce la cartomanzia? Non si hanno notizie certe ma le prime tracce di un oracolo con le carte si trovano proprio tra gli antichi egizi ma per sentir parlare della cartomanzia moderna bisogna aspettare il medioevo dove le carte venivano usate occasionalmente come oracoli ma solo nel 1505 con il Eyn loszbuch ausz der Karten gemacht si ha il primo esempio di cartomanzia, basata su il mazzo di carte tedesco con descrizioni generali sulle predizioni. 


 

La cartomanzia come la conosciamo noi in realtà ha origini piuttosto recenti, tant'è che le prime testimonianze certe risalgono al 1770, con Etteilla, ou la seule manière de tirer les cartes dove l'autore spiega come usare un mazzo di carte francesi per la divinazione, mentre la più famosa cartomante fu Marie Adelaide Lenormand alla quale si pare si rivolgesse anche la prima  moglie di Napoleone, Josephine. 

 Di mazzi di carte per vaticinare il futuro ce ne sono a bizzeffe, tra i più famosi troviamo appunto le Sibille di Lenormand (che hanno una tipologia di lettura completamente diversa dai tarocchi), L'Oracle Belline nato nel 1865 ed usato sopratutto nei paesi di lungua francese e ancora in produzione,  ed i tarocchi classici. 

Al giorno d'oggi possiamo scegliere tra un'ampissima gamma di carte ed oracoli e molte di queste sono ispirate proprio alla sottocultura gotica come quelli dell' Alchemy Gothic, i Tarocchi Gotici di Anne Stokes, le bellissime carte di Luis Royo 

giusto per citarne alcuni, ma con una veloce consultazione su internet sono sicura che troverete il mazzo di carte che fa per voi  magari per iniziare o per ampliare la vostra collezione. 


 

 


mercoledì 3 febbraio 2021

Zanne

 


 

Sopravvissuta più o meno alle numerose quarantene che hanno afflitto il nostro "belpaese" e a tutta una serie di gravi problemi di salute (che continuano a persistere), ho finalmente un pò di tempo da dedicare al mio blog. Oggi vorrei parlarvi di un libro di fumetti molto carino che ho scoperto l'anno scorso e che ho comprato per regalo solo a fine 2020. Si tratta di Fang (o Zanne in italiano) di Sarah Andersen, autrice di fumetti americana famosa per i suoi autobiografici "Sarah's Scribbles" anche lei appartenente alla sottocultura Goth a cui sovente dedica le sue vignette. 

Zanne è la storia di una vampira trecentenaria di nome Ellie che casualmente una sera in un locale, incontra Jimmy, un lupo mannaro. Da questo incontro si dipanano le vignette sulla vita amorosa di questa coppia. Nonostante possa sembrare scontata come trama (racconti e film basati sull'amore improbabile  e molte volte drammatico di due creature della notte ce ne sono a bizzeffe) la Andersen racconta la vita quotidiana e i problemi della coppia con una delicatezza molto romantica, senza tralasciare l'humor nero che accompagna entrambi i personaggi dimostrando che nonostante le grandissime differenze sopratutto di stile di vita di entrambi possono essere superati se ci si ama veramente. 


 

Il tratto in bianco e nero della Andersen è essenziale e non è detto che piaccia a tutti, ma la storia secondo me vale la pena leggerla, un pò come tutti i libri dell'autrice. Il fumetto è rilegato con una copertina rigida rossa che ricorda molto i vecchi libri del secolo scorso. Qui il link di Amazon  per poter comprare il fumetto.

Fatemi sapere se lo avete letto e cosa ne pensate.

martedì 14 luglio 2020

Turismo oscuro


Molti appartenenti alla cultura Goth amano visitare luoghi poco ameni al mainstream come vecchi cimiteri, chiese sconsacrate, luoghi abbandonati. Il fascino misterioso di certi luoghi ha sempre esercitato un certo magnetismo in coloro che appartengono al "lato oscuro" della vita. Ciò non significa che a tutti i Goth piaccia visitare cimiteri o altri luoghi desolati anzi, non è una regola che accomuna tutti. Molti evitano i cimiteri, altri non amano i luoghi abbandonati, si tratta semplicemente di gusti personali. Così come ci sono molte persone al di fuori della cultura Goth che amano dedicarsi a questo genere di esplorazioni.
Un tempo gli appassionati di viaggi in luoghi non convenzionali avevano pochi punti di riferimento se non il passaparola, mentre al giorno d'oggi ci sono siti dedicati, forum e addirittura qualche agenzia turistica si è organizzata per il Dark Tourism.



Il Dark Tourism o Turismo Macabro consiste nella visita di luoghi inquietanti, macabri o con una storia spaventosa. Case infestate, luoghi in cui si sono svolte sanguinose battaglie, manicomi abbandonati sono solo una piccola parte delle zone che rientrano nella lunga lista di posti da visitare nel Dark Tourism. Molte persone sono affascinati da questi posti e dalle loro storie, per esempio molti castelli rientrano nella lista del turismo macabro proprio per le storie che si raccontano su di essi, come Leap Castle, il castello più infestato d'Irlanda.
Situato nella contea di Offaly, non si sa esattamente quando sia stata costruita la sua parte più antica ma il resto del maniero risale al 1250 d.C. e sembra sia stato costruito su un antico sito neolitico. La sua storia è costellata di guerre e battaglie fino ad arrivare al 1532 quando due fratelli diretti eredi del castello entrarono in conflitto tra loro. Uno era un sacerdote e venne ucciso proprio dal suo consanguineo nella cappella di famiglia mentre diceva messa. Trafitto a morte morì accasciandosi sull'altare e da allora la cappella prese il nome di "Bloody Chapel". Non fu mai più utilizzata fino a un decennio fa quando un discendente della famiglia decise di far celebrare proprio lì il battesimo del proprio figlio, nel tentativo di dare pace alle anime dannate che infestano il castello tra cui quella del sacerdote che pare apparire proprio nella Bloody Chapel.


A parte i fantasmi che lo infestano (come quello di una fanciulla di cui non si conosce l'identità), sembra che nel maniero alberghi il male, come dicono le leggende. A conferma di questa ipotesi la scoperta di un "Oubliette" ovvero una prigione a trabocchetto in cui si faceva finire il malcapitato tramite una leva che apriva una botola sotto ai suoi piedi. Questo genere di trappole avevano in alcuni casi dei pali appuntiti sul fondo dove il malcapitato moriva trafitto, nel caso non morisse sul colpo, lo attendeva una fine terribile per fame e per sete. Solitamente questo genere di prigioni non sono mai state usate (ce n'é una molto simile del castello di Montebello) ma in questo caso le cose sono andate diversamente, tant'è che per liberare la Oubliette dai resti dei cadaveri si sono riempiti di ossa ben tre carri. 
Qui in Italia non mancano certo i posti da visitare come il cimitero di Stallieno a Genova, uno dei più bei cimiteri d'Italia, o la Napoli sotterranea con il suo cimitero delle Fontanelle dove fino a poco tempo fa i napoletani praticavano il culto dei teschi prima che la Chiesa lo vietasse.
Se siete appassionati di questo genere di turismo, con una breve ricerca su internet potrete trovare il luogo perfetto per voi da visitare, persino vicino a casa vostra.

mercoledì 8 luglio 2020

Il mostro della laguna nera




Una bella fetta della sottocultura Gothic è legata all'immaginario del cinema, sopratutto horror, tra cui lo Psychobilly che ne va a pescare a piene mani per trarne ispirazione. Il Dracula di Bela Lugosi o Frankestein interpretato da Boris Karloff  (che impersonò anche La Mummia) sono diventati delle icone che hanno ispirato per decenni non solo la musica ma sia la cultura pop che quella alternativa. Tra i tanti titoli cinematografici d'epoca, in questo post mi dedicherò in particolare ad un famosissimo film degli anni '50: il mostro della laguna nera. Perché in pochi sanno che la sua nascita nasconde una storia che è stata celata al pubblico per decenni.
Molti danno per scontato che a creare la spettacolare creatura (chiamata Gill-man in inglese) del film fu Bud Westmore, responsabile del make-up Department della Universal. In realtà quest'uomo era solo un astuto promoter di se stesso ma dalle limitate capacità artistiche. Dietro alla creazione del Mostro della Laguna Nera in realtà c'era una donna: Milicent Patrick.

Nata ad El Paso in Texas, Mildred Elisabeth Fulvia di Rossi (questo era il suo vero nome), ha iniziato la lavorare per Walt Disney nel reparto femminile d'inchiostrazione per poi diventare una delle prime disegnatrici nel dipartimento di Animazione ed effetti.  Il mostro alato de "Una notte su Monte Calvo" è una sua creatura e prima di andarsene lavorò anche a Dumbo.
Dalla Disney passò all'Universal dove fu la prima donna in assoluto a lavorare nel Dipartimento di make-up ed effetti speciali apportando il suo contributo a parecchi film dell'epoca.
Nel 1953 Milicent crea il mostro acquatico che tutti conosciamo e per la promozione del film fu invitata a partecipare ad un tour di presentazione che all'inizio doveva chiamarsi " La bella che ha creato il mostro" ma che fu modificato in "La bella che vive con il mostro" perché Bud Westmore, geloso del fatto che la Milicent fosse molto più brava di lui, non voleva che il nome di lei fosse associato alla creazione della creatura del lago per potersi prendere tutti i meriti. Era talmente invidioso delle attenzioni che riceveva la Milicent per il suo lavoro che la fece licenziare in tronco appena tornata dal tour promozionale. Questo trattamento Westmore lo riservava a chiunque nel suo reparto diventasse troppo bravo o troppo famoso licenziandolo o rendendogli la vita lavorativa impossibile. Potete capire come possa essersi sentito un personaggio così meschino ad essere oscurato da una donna talentuosa, per di più molto bella. Il suo nome non compariva nemmeno nei titoli di coda nei film in cui aveva lavorato poiché Westmore fece in modo che non venisse mai citata, tant'è che per cinquant'anni nessuno ha saputo chi ci fosse veramente dietro alla creazione del mostro della laguna.


Milicent non lavorò più a Los Angeles come esperta di effetti speciali ma si dedicò a fare l'attrice in piccoli ruoli, avviando la sua carriera al tramonto.  Morirà il 24 febbraio del 1998 in un ospizio.
Il lavoro sul mostro della laguna nera le fu finalmente accreditato con le ricerche di Mallory O'Meara che scrisse nel 2019 un libro intitolato "The Lady from the Black Lagoon" dedicato proprio a lei e alla sua carriera.

mercoledì 1 luglio 2020

Biscotti Funebri



L'usanza di mangiare o di cucinare del cibo per i defunti risale alla notte dei tempi, si teorizza che con molta probabilità venisse già celebrata  nel Paleolitico. Si suppone che all'epoca mangiassero una parte del defunto per onorare e per tenere con sé la persona cara e per assorbirne i suoi pregi. Ancora oggi rituali di questo genere si possono trovare in Amazzonia in alcune tribù dove tutt'oggi si pratica ancora l'endocannibalismo.
Il cibo legato ai riti funebri non ci ha mai lasciato e nei secoli si è evoluto in celebrazioni sempre più complesse: per esempio nel Medioevo in Germania era usanza mangiare la "Corpse Cake". L'impasto di questa torta veniva fatto lievitare sul corpo del defunto poiché si pensava che questa assorbisse le sue qualità e che quest'ultime potessero essere trasmesse a chi ne avesse mangiato un pezzo.
Usanze di questo genere si possono ritrovare in varie zone dell'Europa: si mettevano vicino ai defunti pietanze o bevande (addirittura in Irlanda il tabacco da fiuto) con la convinzione che queste potessero assorbire le virtù del compianto.
Verso la fine del 18° secolo le tradizioni culinarie legate ai riti funebri si fanno più raffinate sia nella cultura Europea che in quella Americana. Si cominciano ad offrire a chi partecipa ai funerali e alle veglie tortine e biscotti, quest'ultimi chiamati "Funeral Biscuits" o in Americano "Funeral Cookies". In Inghilterra si presentano solitamente come un grosso biscotto morbido simile al pan di spagna dalla forma e dal gusto variabile ( a cialda o a forma allungata come il pane degli hot dog, o dalla forma che ricorda  un Savoiardo) alcune volte decorati con simboli religiosi. Si avvolgevano in carta semplice e venivano chiusi con un sigillo di ceralacca. I più facoltosi usavano carta con sopra simboli come ossa incrociate, teschi, clessidre, bare e la ceralacca che chiudeva il pacchetto era nera.


La gente che viveva nelle Colonie faceva i biscotti funebri in pastafrolla aromatizzata con melassa, cumino e zenzero dalla forma simile a quella dei biscotti moderni usando degli stampi in legno. Solitamente su i biscotti veniva impresso un segno come una croce, un teschio, un cuore o un cherubino.
In America i biscotti erano distribuiti fuori dalla chiesa da una giovane che ne consegnava uno per ogni partecipante mentre sul lato opposto un giovane offriva un bicchiere di alcolici o di vino. In molti Stati americani i biscotti (che avevano solitamente la forma di un piattino) venivano consumati insieme a del vino caldo.
In Inghilterra i biscotti funebri erano un punto fermo della tradizione luttuosa, quindi moltissime panetterie fornivano questo genere di prodotto facendosi anche una concorrenza spietata sopratutto con i tempi di consegna che dovevano essere i più brevi possibili poiché all'epoca non esistevano celle mortuarie e i cadaveri venivano tenuti in casa e quindi avevano l'urgenza di essere seppelliti il prima possibile, sopratutto d'estate.
Con l'evoluzione della stampa la carta per i biscotti divenne sempre più raffinata, con disegni e scritte elaborate che potevano citare poemi o salmi della Bibbia o frasi e dettagli che ricordavano la vita del defunto, sostituendo il biglietto di annuncio funebre e diventando una sorta di "santino" da conservare. Venivano spediti a parenti ed amici per informarli del lutto dentro a sacchettini al posto del classico biglietto funebre. Il pacchetto veniva decorato con bande nere, nastri dello stesso colore e ceralacca nera, i più elaborati avevano come sigillo i soliti simboli legati al lutto (teschi, cherubini, ossa incrociate, bare, clessidre, ecc.)
Al tempo della Prima Guerra Mondiale i biscotti funebri vedono il loro tramonto, dettato anche dal razionamento del cibo ed i riti vittoriani elaborati vengono sostituiti dagli antenati delle moderne pompe funebri.

Ricette per replicare i biscotti funebri ce ne sono tantissime poiché ogni Stato e regione ha la sua ricetta personale e variano tantissimo da un luogo all'altro. Una breve ricerca su i siti inglesi e vi si aprirà un mondo di ricette funebri. Tra le tante formule vi cito quella che viene usata più sovente nell'epoca moderna perché molte persone hanno ripreso la tradizione di cucinare i biscotti funebri per conservare le tradizioni del proprio paese:

1 cup butter (1 tazza di burro)
¾ cup sugar (3/4 di una tazza di zucchero)
½ cup molasses (mezza tazza di melassa)
1 egg (un uovo)
2½ cups flour (due tazze e mezzo di farina)
1 teaspoon baking soda (un cucchiaino da te di bicarbonato)
2 teaspoons ginger (due cucchiaini da te di zenzero)
1 tablespoon caraway seeds (opzionale) (un cucchiaio da tavola di cumino)


 In una ciotola mescolare il burro, lo zucchero, la melassa e l'uovo mentre in un'altra ciotola mescolare tutti gli ingredienti secchi. Poi unire il contenuto delle due ciotole e impastare. Ottenuto un impasto omogeneo tagliare i biscotti con uno stampo tondo. Infornare a 350 gradi per 10-12 minuti.











mercoledì 24 giugno 2020

La famiglia Addams: una storia diabolica.


"Questo libro celebra la gioia di sentirsi bene al proprio posto anche quando sembriamo inspiegabilmente diversi e mettiamo gli altri a disagio".

Amo molto leggere, ho questa passione fin da piccola trasmessa da mio padre ed iniziata con una vecchissima edizione di "Silver Chief" di Jack O'Brien. Da quel momento ho iniziato a leggere di tutto: dai romanzi ai racconti brevi.
L'unico libro che, ahimè, non sono mai riuscita a finire mi era stato regalato quand'ero bambina e di cui non ricordo il titolo: un polpettone spaventoso di 500 pagine la cui protagonista, una scialbetta, aveva come unico scopo nella vita di cercare un marito e farsi farcire il prima possibile. La lettura ideale per una bambina, così mi era stato detto.
Potete immaginare la mia noia: non un colpo di scena, non un cadavere, nessun elemento horror o almeno l'ombra di una creatura sovrannaturale o il mistero di qualcosa d'inspiegabile, perché già da piccola amavo questo genere di letture. Per il resto i libri me li sono sempre scelti io: ne ho divorati a pacchi, presi dalla biblioteca o comprati ovunque. Quindi nella mia biblioteca non poteva mancare un libro sulla mia famiglia preferita: gli Addams.
Il libro si presenta in formato A4, brossurato con 225 pagine patinate. Elegante, forse un pò troppo scarno di informazioni sul creatore degli Addams, ma con molti spunti interessanti su i suoi personaggi, e molte curiosità sulla nascita del telefilm e le vignette, la parte più importante. Purtroppo i libri più interessanti su di lui come le sue biografie non sono state tradotte in italiano, e io non conosco così bene l'inglese da potermi permettere una lettura del genere.

Ma chi era Charles Addams?


Charles "Chas" Samuel Addams nacque il 7 gennaio del 1912 a Westfield in New Jersey. Nonostante il cognome leggermente cambiato, era imparentato alla lontana con i presidenti degli Stati Uniti John Adams e con John Quincy Adams ed era cugino di primo grado con la riformatrice Jane Addams, un lignaggio di tutto rispetto per il figlio di un dirigente di una fabbrica di pianoforti. Veniva descritto come una persona "con un senso dell'umorismo completamente diverso da quello degli altri", la gente lo trovava inquietante, quasi diabolico. In realtà nella biografia a lui dedicata , scritta da Linda Davids (Chas Addams: a cartoonist life) viene descritto come "un uomo cortese e ben vestito, con i capelli argentei pettinati all'indietro e dai modi gentili, senza alcuna somiglianza a un demonio".
Incoraggiato dal padre a disegnare, Charles inizia a disegnare fumetti per la rivista scolastica della Westfield High School per poi frequentare l'università. Curiosità: all'università della Pennsylvania l'edificio dedicato alle Belle Arti prende il suo nome e di fronte all'edificio sono posizionate le statue con le sagome dei personaggi della famiglia Addams. Esiste anche un murales dedicato a loro nella biblioteca di Penn State.
Charles inizia a lavorare per la rivista True Detective per poi finalmente veder pubblicate le sue strisce su The New Yorker il 6 febbraio del 1932 con cui collaborerà per tutta la vita.
Charles si sposò ben tre volte nella sua vita e tutte tre le volte con donne che gli ricordavano proprio Morticia.
Nel 1942 conoscerà la sua prima moglie, Barbara Jean Day, presubimilmente la donna che ispirò la creazione di Morticia Addams. Ma il matrimonio finì dopo otto anni quando Charles, non sopportando i bambini piccoli, alla richiesta di Barbara di adottarne uno, rifiutò.
Nel 1954 sposa la sua seconda moglie, Barbara Barb, un avvocato praticante, anche lei con un aspetto "diabolico" come amava definirla Chas. Con lei controllò la gestione del telefilm della famiglia Addams e riuscì anche a convincerlo a cedergli i diritti della serie. Lo convinse anche a stipulare una polizza sulla vita da 100.000 dollari, qui Charles consultò un avvocato di nascosto il quale gli disse che l'ultima volta che aveva sentito una cosa del genere era la trama del film "Doppia Identità dove la protagonista tramava di uccidere il marito per i soldi". La coppia divorziò nel 1956.
Più tardi Charles sposò la sua terza e ultima moglie, Marilyn Matthews Miller, il matrimonio venne celebrato in un cimitero per animali e andarono a vivere in Pennsylvania in una villa ribattezzata "La Palude".
Purtroppo Charles ci ha lasciato nel 1988 all'età di 76 anni dopo essere stato colpito da un infarto mentre era nella sua auto in un parcheggio. Trasportato d'urgenza in ospedale morì in pronto soccorso. Il suo corpo venne cremato e le sue ceneri seppellite nel cimitero per animali dove si era sposato.
La signora Addams è tutt'ora ancora in vita.
Se conoscete bene l'inglese, vi consiglio di cercare e leggere la sua biografia completa (che in "La famiglia Addams: una storia diabolica" viene appena accennata), scritta da Linda Davis e che potete trovare qui  oppure The World of Charles Addams  sempre in lingua inglese.




mercoledì 17 giugno 2020

La storia si ripete all'infinito


Ma specialmente era questo allora il più miserevole
e lacrimevole strazio: chi si vedeva abbrancato
dal male, come se fosse già condannato a morte,
stava lì mesto nel cuore e scoraggiato nell'animo;
lasciava lì, tutto assorto nel funerale, la vita.
Dato che si propagava senza un istante di tregua
dagli uni agli altri il contagio dell'insaziabile male,
come se fosse fra pecore lanute o bestie cornute.
E questo moltiplicava, con la moria, la moria.
Quanti scansavan d'assistere i loro cari, ed amavano
troppo la vita, e temevano troppo la morte, costoro
lasciati lì, senza aiuto, poco di poi li abbatteva
e li puniva l'incuria di mala morte e schifosa.
Ma via contagio e strapazzi portavan chi li affrontava
mosso dal punto d'onore e dalla voce implorante
dei moribondi, dai gemiti ch'erano misti alla voce:
subivan dunque una morte di tale specie i migliori.
(De rerum natura, libro sesto, Lucrezio)

Rinchiusi in casa come novelli protagonisti del Decamerone, abbiamo avuto la sfortuna di provare sulla nostra candida pelle cosa significa una quarantena per pandemia. Non starò qui a disquisire se questa emergenza sanitaria sia stata gestita o meno nella maniera più ottimale, quanto questo Covid 19 sia stato pericoloso e quale tragedia abbia rappresentato in perdita di vite umane. L'uomo è un animale dalla memoria corta (ed i fatti recenti lo confermano): dobbiamo ricordarci che questa non è la prima pandemia che l'umanità affronta. 
Solitamente ci si ricorda, e di solito anche in maniera piuttosto superficiale, della peste del medioevo e della più recente febbre spagnola ma in realtà le prime epidemie gravi che portarono alla morte migliaia di persone furono molto più antiche.
La prima pandemia di cui abbiamo notizie è quella che colpì Atene attorno al 430 a.c. e si stima che uccise da un terzo a due terzi della popolazione in quel periodo. Lucrezio (autore del De rerum natura) la descrisse come "un morbo e flusso mortifero che sparse i campi di cadaveri, devastò le strade e vuotò la città di abitanti". Anche Tucidide ne parla nella sua "Guerra nel Peloponneso" descrivendola dettagliatamente. In realtà sappiamo che circolava già una pestilenza in altri luoghi ma mai così mortale come quella che colpì Atene.
Ancora oggi sono aperte le ipotesi per cosa si potesse trattare, molto probabilmente fu peste bubbonica ma i sintomi descritti dai due storici dell'epoca rimandano anche al vaiolo, al tifo e al morbillo. Non lo sapremo mai con certezza. La gente veniva seppellita in fosse comuni, le città si svuotavano e nei templi venivano ammassati i corpi mentre ovunque regnava il caos. La peste di Atene si ripresentò due volte: nel 429 a.c. e nell'inverno del 427/426 a.c. mettendo la città in ginocchio. Vi consiglio di leggere "Guerra nel Peloponneso" di Tucidide o il sesto libro "De rerum natura" di Lucrezio per saperne di più.

Nel 541/542 d.c. la peste allungò le sue dita adunche sull'Impero Bizantino, sopratutto sulla sua capitale: Costantinopoli. La "Peste (o il morbo) di Giustiniano" colpì il 40% della popolazione della capitale, facendo ammalare l'imperatore stesso. Giustiniano sopravvisse ma perse quattro milioni di persone in tutto il suo impero. Il ceppo della malattia è lo stesso della peste che più avanti colpirà l'Europa nel medioevo e fu devastante, lasciando persino Roma quasi completamente priva dei suoi abitanti. Non c'erano posti dove seppellire i cadaveri e la maggior parte di essi rimanevano per strada e gli ammalati venivano abbandonati. Crollò l'economia dell'Impero e la peste mise fine alla civiltà antica.
Procopio, storico bizantino dell'epoca, ne parla ampiamente nei suoi scritti. La Peste di Giustiniano permise agli Ostrogoti di invadere la penisola italica durante la Guerra Gotica (535-553 d.c.) e anche se fu vinta dai bizantini, per via della peste non riuscirono a riprendere il controllo di tutti i loro territori, proprio perché non era rimasto quasi nessuno vivo.


«Le campane non suonavano più e nessuno piangeva. L'unica cosa che si faceva era aspettare la morte, chi, ormai pazzo, guardando fisso nel vuoto, chi sgranando il rosario, altri abbandonandosi ai vizi peggiori. Molti dicevano: "È la fine del mondo!".»

La Peste Nera tornò in tutto il suo oscuro splendore nel 1346 in Europa, spandendo il suo regno di orrore in Italia nel 1348. I ratti, portatori delle pulci infette del Yersinia Pestis, infettarono e portarono alla morte un terzo della popolazione Europea, rendendola la pandemia più letale in assoluto. Boccaccio la descrive nel suo Decamerone mai chiamandola con il suo nome, quasi per paura di evocarla ma restituendocene un immagine molto accurata. 
La Peste Nera non colpì tutta l'Europa con la stessa violenza, alcune zone della Polonia, del Belgio e Praga furono risparmiate. Milano ebbe solo 15.000 morti su una popolazione di 100.000 persone, invece a Venezia morì il 60% dei cittadini mentre in altri luoghi dell'Europa la malattia non risparmiò nessuno. 
Proprio a causa della Peste Nera nacque l'idea di regolamentare i movimenti di merci e persone e di istituire la Quarantena, in modo da poter identificare e isolare i malati tentando di dare una tregua alla popolazione.
La peste tornò nel 1630 in Italia devastando il settentrione, il Ducato di Milano perse all'incirca un milione di persone mentre Alessandro Manzoni la rese famosa nel suo "I Promessi Sposi", dove descrive l'inizio della pandemia che si diffonderà poi fino al Granducato di Toscana. La malattia prese il sopravvento esattamente come le altre pandemie: guerre, siccità e altre devastazioni portarono le persone che vivevano in campagna a riversarsi nelle grandi città dove la sovrappopolazione, la scarsa igiene e la malnutrizione fecero in modo che la peste prese il sopravvento. Con un tasso di letalità del 60% e una durata dai tre ai nove mesi la peste nera si portò via venti milioni di persone.
Infermiere inglesi durante la febbre spagnola (foto ricolorata)


Tra il 1918 e il 1920 si diffuse in tutto il mondo la Febbre Spagnola o Grande Influenza, una pandemia insolitamente mortale che, a differenza delle altre malattie che colpiscono e uccidono prevalentemente anziani e persone già malate, colpì prevalentemente giovani e adulti sani provocando il decesso di 50 milioni di persone su una popolazione mondiale di circa due miliardi. A differenza della peste (causato da un batterio), l'influenza spagnola è un virus del ceppo H1N1 insolitamente aggressivo anche se al giorno d'oggi sappiamo che non era poi così virulento come si ipotizzava all'inizio. Più del virus sono state le circostanze a renderlo così pericoloso: la guerra, la malnutrizione, la scarsa igiene e gli ospedali sovraffollati contribuirono alla sua diffusione. Prese il nome di spagnola perché fu proprio la Spagna a diffonderne la notizia non essendo i suoi giornali sotto la censura di guerra mentre nei paesi belligeranti la rapida diffusione della malattia fu nascosta ed al massimo se ne parlò come di una epidemia circoscritta al paese iberico.
Dati specifici della malattia non ci sono, in quell'epoca la raccolta dati e informazioni sulla malattia sono incoerenti e di dubbia validità, al fronte molti malati morirono non solo per l'influenza ma si sospetta che come concausa della morte ci fosse un avvelenamento da aspirina che causa un'edema polmonare. Gli antibiotici non erano ancora stati inventati e le malattie polmonari come polmoniti e tubercolosi non venivano distinte dalla febbre spagnola. In Italia si stima che i morti furono 600.000 su quasi 40 milioni di abitanti, all'incirca il 1,5% della popolazione.
Non si hanno date certe nemmeno sulla fine della pandemia, che sembra essersi esaurito attorno al dicembre del 1920, si teorizza per le cure che i medici riuscirono ad attuare per curare la polmonite che sviluppavano i malati dopo aver contratto il virus, altri ipotesi è che il virus abbia mutato perdendo la letalità che aveva poiché gli ospiti dei ceppi patogeni più pericolosi tendono ad estinguersi.

Studiando la storia e i testi di chi all'epoca descriveva le pandemie nei suoi racconti ci rendiamo conto che la storia dell'umanità è sempre stata costellata da eventi catastrofici, guerre e malattie, in cui la miseria umana ha dato il meglio o il peggio di sè. Le tragedie umane hanno sempre ispirato poeti e scrittori, quindi  vi lascio un Link dove potete trovare romanzi, classici e non, di chiara ispirazione pandemica.